mercoledì 24 novembre 2010

CAPURRO ARMANDO EZIO la "mina vagante" del consiglio regionale.


Nel consiglio regionale della Liguria, siede un personaggio di estrema pericolosità sociale.
Il suo nome è: ARMANDO EZIO CAPURRO, nato a d Avegno, GE, e residente a Rapallo.
La sua "carriera" politica si manifesta nel 2003, nella totale impreparazione ai contenuti dell'arte di governare.
Precedentemente si era interessato di "affari" continuando quelli iniziati decenni prima dal padre Leo.
Dal padre ha ereditato, assieme alla sorella, un rilevante capitale più o meno collegato all'olio e ai suoi derivati.
E' un sedicente professore di economia che, in verità, mostra di comprendere assai poco.
Proviene da una famiglia di impostazione cattolica (lui è un praticante di "facciata") e fortemente "familista".
Suo padre Leo, finanziatore per decenni di una corrente democristiana, comprò un immobile nel comune di Rapallo, che fu utilizzato a lungo per il partito.
Oggi quell'appartamento, sito in via della Libertà, è la sede del suo movimento di affari politici denominato: Circolo via della Libertà 61.
Nel 2003 si presentò sulla scena della politica ammnistrativa candidandosi nelle elezioni comunali di quella cittadina.
Proprio in quella occasione iniziò una penetrante azione di "disvelamento" del soggetto atta a contrastare la falsa immagine che lui dava di sè per ottenere consenso elettorale.
Veniva sostanzialmente richiamata l'attenzione sul fatto che fosse un sedicente professore universitario ma che negasse il fatto di essere il padrone della "FABBRICA DI MORTE", così come poi venne indicato, solo qualche anno dopo, dal PD di Maglie, Lecce, all'indirizzo: http://www.pdmaglie.it/?p=48
L'attività si protrasse a lungo e suscitò un certo interesse; per contrastarla CAPURRO si attivò con una poderosa struttura di "servitori" che giravano la città a distruggere tutto il materiale informativo distribuito sul territorio; oltre a questa attività mise in atto un uso assai strumentale della giusitizia (?) presentando querele per diffamazione a ritmo sostenuto.
Poteva fare molto per nascondere la sua "vera identità" disponendo di somme molto rilevanti che gli provenivano, appunto, da quella attività "nascosta".
Cerchiamo quindi di comprendere di quale attività si tratti partendo dal padre, Leo, che fu l'iniziatore di questo percorso.
Leo Capurro mise in funzione un impianto industriale nel comune di Avegno denominato "sansificio" (oggi posto sotto sequestro per l'annesima volta!) che, per la produzione di calore necessaria si affidava ad un forno nel quale veniva gettato il "talquale" del comune medesimo e una parte di quello dei comuni confinanti Uscio e Recco; ancora oggi i cittadini dei tre comuni non hanno difficoltà a ricordare il grave inquinamento ambientale che "anneriva" le lenzuola stese in vallata e disturbava fortemente la respirazione.
Quell'impianto fu oggetto di numerose condanne da parte dei pretori di Recco, competenti per territorio.
Ancora oggi, chi volesse accertarsene di persona, può salire ad Avegno e verificare come esista una enorme discarica confinante con l'impianto e come, tra la vegetazione nata dopo la chiusura dell'impianto, si possano rinvenire solo ed esclusivamente rifiuti indifferenziati abbandonati da molti anni.
Quell'impianto, dunque, non era un sansificio ma un vero e proprio "inceneritore".
I residui della combustione venivano poi interrati in una decina di cavità ricavate sotto il pavimento dello stabilimento, così come documentato in numerose foto che furono allegate alla denuncia cui seguì il sequestro ancora in atto alla data odierna.
Il padre di Capurro Armando Ezio, Leo, inziò poi una relazione di affari con la famiglia Rampino (cugini di Raffaele Fitto - attuale ministro dei rapporti con le regioni) assieme ai quali divenne proprietario di un analogo impianto "sansificio/inceneritore" nel comune di Maglie (LE) fondando la società "COPERSALENTO" il 6 ottobre 1986  con un capitale sociale di lire 15.466.000.000 così suddiviso:
  • Raffaele Rampino (cugino dell’attuale Sindaco Antonio Fitto e dell’ex Presidente della     Giunta regionale Salvatore Fitto) 6,11%,
  • Armando Ezio Capurro 0,5%,
  • l’Ersap 0,06%,
  • Leo Capurro e figlio 3,83%,
  • Capurro srl 53,93%
  • Altri per la rimanenza
Si nota come Armando Ezio Capurro, allora trentenne, avesse una quota dello 0,5 %, ma addizionata allo 3,83 % della società Leo e figlio ed anche al 53,93% della Capurro srl, portava, di fatto, la sua famiglia ad essere titolare di oltre il 57 % del capitale.
Le vicissitudini di questo impianto, per quanto attiene a finanziamenti pubblici, danno ambientale, e, molto in generale, ad una condotta "incivile" del profilo aziendale sono ben narrati in una sentenza della Suprema Corte di Cassazione del 18 marzo 2004 n° 13204 che si può leggere all'indirizzo:
All'interno della sentenza vi è un richiamo importante alla "permanenza del reato" così descritta: << Poiché la contestazione del reato permanente, per l'intrinseca natura del fatto che enuncia, contiene già l'elemento del perdurare della condotta antigiuridica, qualora il pubblico ministero si sia limitato ad indicare esclusivamente la data iniziale (o la data dell'accertamento) e non quella finale, la permanenza - intesa come dato della realtà - deve ritenersi compresa nell'imputazione, sicché l'interessato è chiamato a difendersi nel processo in relazione ad un fatto la cui essenziale connotazione è data dalla sua persistenza nel tempo, senza alcuna necessità che il protrarsi della condotta criminosa formi oggetto di contestazioni suppletive da parte del titolare dell'azione penale>>
E' proprio nella contestazione del reato di danno ambientale "permanente" che matura la condotta di Armando Ezio Capurro il quale, alla morte del padre, assume l'incarico di "procuratore" dell'anziana madre, Terrile Maria Giovanna, alla quale affida l'incarico di amministratrice.
Questo significa che per tutte le forme di illegalità che verranno successivamente rilevate, la madre sarà la colpevole e lui, come sempre nascosto dietro una gonnella ( si legga al proposito il libro DIVIETO D'INGANNO all'indirizzo:

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